Dal punto di vista storico, i primi albori della criminologia si hanno con l'affermarsi della cultura illuminista nel XVIII secolo e in particolare con l'intellettuale giurista italiano Cesare Beccaria e il suo trattato Dei delitti e delle pene. Nasce in questo contesto la cosiddetta scuola classica, imperniata sui concetti liberistici del diritto penale.
Successivamente, nell'Ottocento, con lo sviluppo delle scienze empiriche (psicologia, sociologia, antropologia), nasce la scuola positiva, che si articola in due direzioni: lo studio dell'uomo che delinque secondo l'approccio medico-biologico dell'antropologia criminale (Cesare Lombroso), e lo studio sociologico delle condizioni che favoriscono la commissione differenziale di reati in funzione del ceto sociale di appartenenza.
In seguito, con il moltiplicarsi delle ricerche e delle conoscenze psicologiche, la scuola positiva assume un indirizzo psicopatologico e psichiatrico. La delusione conseguente alle eccessive aspettative che si erano formate in relazione alla possibilità di affrontare scientificamente i problemi della criminalità porterà all'emergere di approcci di criminologia critica (di impostazione marxista) e di anticriminologia da un lato, e dall'altro al riemergere della scuola classica nel filone oggi denominato neoclassico.
La criminologia moderna
Attualmente la criminologia si configura come una scienza multidisciplinare ed interdisciplinare che ricorre preferenzialmente ad un approccio multifattoriale. Non c'è infatti un'unica causa universale dell'agire criminoso, bensì una costellazione mutevole di possibili variabili causali. Queste andrebbero valutate caso per caso nello specifico contesto sociale sotto il profilo della criminogenesi e della criminodinamica. L'idea dominante è quella della Nuova Difesa Sociale: è giusto che la società si difenda dalle condotte criminali ma è imperativo il massimo rispetto dei principi dello stato di diritto, puntando al pieno reintegro nella società per chi ha commesso dei reati. Ciò è possibile attraverso opportuni trattamenti durante il periodo dentetivo e soprattutto favorendo il ricorso a misure alternative alla detenzione (ad es. semilibertà, liberazione anticipata, detenzione domiciliare, affidamento in prova al servizio sociale) e programmi di recupero.
Fenomenologia dei comportamenti criminosi
Dal punto di vista descrittivo, la criminologia si occupa:
- sia della fenomenologia dei principali delitti, ossia il modo in cui essi si manifestano concretamente: omicidio, violenza sessuale, reati legati al consumo di sostanze stupefacenti, crimini economici e dei colletti bianchi, delinquenza comune e organizzata, terrorismo, etc;
- sia delle possibili classificazioni dei reati, degli autori dei reati (tipologie di autori: imputabili e non imputabili, primari e recidivi, eccetera), dei moventi sottostanti ai reati medesimi (stati emotivi e passionali, moventi di lucro, moventi di vendetta, eccetera).
L'analisi fenomenologica della criminalità ha evidenziato, ad esempio, che la tendenza all'agire criminale è molto più frequente (circa dieci volte di più) nei maschi che nelle femmine, e si concentra nelle fasce giovanili di età, dai 20 ai 35 anni soprattutto.
Criminologia e psichiatria forense
Lo studio delle tossicodipendenze e quello delle malattie mentali, nei possibili risvolti criminologici, è di competenza di quel ramo della criminologia che è formato dalla psichiatria e dalla psicopatologia forense.
Il maggiore campo applicativo di queste discipline riguarda la questione dell'imputabilità, a sua volta collegata alla valutazione della capacità di intendere e di volere. Per la legge italiana, se manca pienamente la capacità di intendere e/o di volere, il reo non è imputabile e nei suoi confronti vengono prese delle misure di sicurezza a carattere anche terapeutico; se invece la capacità di intendere e/o di volere è grandemente scemata, il reo è imputabile ma la pena è diminuita (e possono essere prese delle misure di sicurezza).
Sovrapponibile alla psichiatria forense (ma non sostitutiva) è la criminologia clinica, il DPR 27 luglio 1988, n 352 e il DM 5 dicembre 1997, sui compensi giudiziari ai periti e consulenti, affermano: “Per la perizia o la consulenza tecnica in materia psichiatrica o criminologica clinica spetta un compenso di…”. Ciò, a riprova che le due specializzazioni cliniche sono sovrapponibili. Difatti, la psichiatria si pone il compito della diagnosi, mentre la criminologia clinica, più correttamente, quello della criminodiagnosi e della criminogenesi, in rapporto all’art. 40 del c.p. (nesso di causalità).
Criminologia, Criminalistica e Investigazione
Dalla fine dell'Ottocento, dai tempi della scoperta delle impronte digitali, l'investigazione criminale ha percorso un lungo cammino. Oggi, ad esempio, l’analisi del DNA fornisce un nuovo tipo di impronta, che consente di risalire con straordinari livelli di precisione alla individuazione dell’autore di alcuni reati. Diventa sempre più rilevante il contributo della scienza e delle nuove tecnologie alle investigazioni giudiziarie. La cronaca mostra che, sempre con maggiore frequenza, i casi delittuosi vengono affrontati attraverso sofisticate metodologie d'indagine, che fanno appello alla criminalistica e alle scienze forensi, dunque a quelle svariate discipline (le cosiddette "scienze della natura", separate e distinte dalle "scienze dell'uomo"), che si occupano dell’esame di reperti e tracce rinvenute sulla scena di un reato: genetica forense, balistica, tossicologia, medicina legale, microscopia elettronica. Nel processo, queste discipline sono risultate sempre più rilevanti, spesso fondamentali, per incastrare un omicida o per scagionare un innocente (anche relativamente a fatti giudiziari lontani e definiti). Spesso si confonde la criminologia con la criminalistica, o con l'investigazione, o con l'investigazione criminale, anche se si tratta soltanto di settori limitrofi. Concettualmente, l'investigazione è un settore distinto dalla criminalistica, e la stessa criminalistica dovrebbe essere chiaramente distinta dall'investigazione criminale propriamente detta: mentre la criminalistica risponde alla domanda sul "come", o sul "dove" è stato commesso un delitto, l'investigazione criminale risponde alla domanda sul "chi" ha commesso un delitto. Propriamente, l'investigazione è un settore più ampio dell'investigazione criminale: di fatto, accanto all'investigazione criminale, esistono l'investigazione giornalistica, l'investigazione in merito a problemi che non hanno rilevanza penale, e così via). In Italia il primo corso di laurea in "Scienze dell'investigazione" è sorto all'università di L'Aquila per opera di Francesco Sidoti, che fra l'altro sottolinea: «L’investigazione viene svolta da un soggetto naturalmente ignorante, fallibile, spesso fazioso e superstizioso, sempre sovrastato da un’eccedenza di percezione, in un contesto storico caratterizzato da una sovrabbondanza incomparabile di stimoli, di informazioni, di delitti. I vocaboli inglesi detective e detection derivano dal latino detegere: scoprire, scoperchiare; eppure, soprattutto oggi nell’investigazione il rischio più grande e più frequente è il rischio di sbagliare. Nella scienza, come nell’investigazione e nel processo penale, il metodo dovrebbe essere rivolto principalmente, prima che a scoprire la verità, a scoprire l’errore» (Cfr.: "Investigazione e Criminologia, Giuffrè, Milano 2006 p.203).
Aspetti professionali
In Italia il criminologo non è regolamentato da alcuna legge. Attualmente non esiste neppure un albo professionale. Vige una totale speculazione selvaggia su corsi, seminari.
Il criminologo dovrebbe operare nei seguenti contesti professionali:
Esistono anche limitate possibilità di impiego come collaboratore delle forze dell'ordine (per esempio come esperto di criminal profiling) o come consulente aziendale in materia di sicurezza.
La formazione del criminologo è distinta da chi criminologo non è. Quella del criminologo può essere impostata in quanto ricercatore scientifico o in quanto operatore professionale. Poi ci può essere una formazione criminologica di cui abbisognano altri operatori, non criminologi, che svolgono la loro attività nell’ambito d’altre materie interdisciplinari: diritto penale, medicina legale, psichiatria, psicologia, sociologia, statistica, ecc. Nell’attuale contesto storico-culturale, per i motivi predetti, il criminologo si trova in una posizione di gran confusione.
Essere criminologi significa:
- acquisire un’adeguata consapevolezza verso il proprio ruolo, sia in ambito dell’insegnamento, dello studio, delle pubblicazioni e della ricerca, sia in ambito operativo (nel tribunale, in carcere, nelle indagini difensive o dell’autorità giudiziaria, ecc.).
- Acquisire gli strumenti scientifici e filosofici per comprendere a fondo le problematiche individuali, sociali, normative e politiche che stanno alla base del comportamento delinquenziale, dei processi di criminalizzazione primaria e secondaria, dell’esistenza e del funzionamento della legge penale e delle istituzioni penali (carcere).
- Suggerire, in modo critico e propositivo, cambiamenti in senso democratico, umanitario e civile della legge penale e delle nostre istituzioni penali".
I metodi della criminologia
La criminologia è oggi una disciplina piuttosto eclettica in termini metodologici. Essa si avvale infatti delle seguenti tecniche di indagine:
- Studio di casi clinici individuali.
- Ricerche mediante campioni (sondaggi campionari).
- Analisi di statistiche ufficiali collettive.
- Analisi di fonti informative e documentali.
- Ricerche sperimentali o quasi-sperimentali.
- Ricerche sociali e sul campo.
- Analisi di documenti storici.
Sono anche possibili indagini settoriali e studi predittivi mediante particolari tecniche statistiche. In Italia le statistiche ufficiali della criminalità sono raccolte, elaborate e pubblicate dall'ISTAT, l'Istituto Nazionale di Statistica. Esse forniscono in particolare i tassi relativi ai vari reati. Il tasso di un reato è il numero di casi del reato in questione, registrato in un determinato anno, ogni centomila abitanti; per esempio un tasso di omicidio volontario dell'1,5 per centomila significa che in quell'anno, ogni cento mila abitanti, si è verificato in media un caso e mezzo di omicidio volontario.
Un esempio interessante di impiego delle fonti informative e documentali consiste nel monitorare, per un dato periodo temporale, tutti i casi di un determinato reato riportati dalla stampa (ad esempio i casi di neonaticidio, infanticidio e figlicidio). Contando le notizie apparse sulla stampa si effettua una conta anche del relativo reato, che si può analizzare secondo le sue caratteristiche sociodemografiche di manifestazione (il luogo, i protagonisti, il contesto sociale, la dinamica dell'evento, e così via).
Indagini campionarie a scopo criminologico sono svolte da vari istituti italiani, per esempio dal Censis e dalla Doxa. Esse consentono di studiare la percezione dell'opinione pubblica in materia di criminalità e di misurare quante persone sono state vittime di reati (in questo caso si tratta delle cosiddette indagini di vittimizzazione). Il confronto fra i reati ufficialmente denunciati e quelli realmente commessi, quali risultano dagli studi di vittimizzazione, consente una sia pur sommaria valutazione del numero oscuro (i reati commessi ma non denunciati né rilevati ufficialmente e quindi sempre in numero maggiore rispetto ai reati ufficialmente "contabilizzati"). Il problema della valutazione del numero oscuro è una delle maggiori sfide metodologiche per la criminologia.
Metodologia dell'Indagine Criminologica Peritale
Alcuni scienziati sostengono che la scienza è razionale poiché non basata sulla metodologia, altri invece sostengono il contrario. Ciò che interessa nelle scienze criminali è stabilire che alla base della razionalità scientifica c’è sempre il ragionamento. Difatti, la ragione scientifica si realizza sempre per mezzo del ragionamento; vale a dire, in virtù di proprietà linguistiche che giustificano una scelta, in conformità a motivi prevalentemente oggettivi. In altre parole, validi a prescindere da chi li pone in essere". La teoria dell'indagine criminologica è logica applicata e non pura, per cui si potrà dire che una ricerca in perizia è valida quando l’interpretazione di un argomento è valida. L’argomento valido richiede premesse non contraddittorie, ma attendibili, la validità riguarda il rispetto delle regole inferenziali usate nelle operazioni di ricerca. Ma qui bisogna rilevare, che il criterio classico strutturale che suddivide la logica deduttiva (inferenze certe) e induttiva (inferenze incerte), va integrato con ulteriori criteri pragmatici attinenti all’uso che dobbiamo fare della logica, secondo cui appaiono e scompaiono fallacie e paradossi. Nella ricerca scientifica, pertanto, il risultato vero viene a coincidere con quello valido, ma la validità non va confusa con la rilevanza teorica; poiché non è nemmeno detto che i risultati di una ricerca valida siano necessariamente interessanti, anzi, a volte avviene il contrario L’attenzione data ai problemi di metodo può fare trascurare quelli di “sostanza”. Il fatto è che i problemi di sostanza risolti senza metodo sono piuttosto “facili”; e una ricerca stimolante, ma non valida, non ha alcun interesse scientifico. Il ragionamento scientifico è deduttivo e induttivo, legato all’evidenza empirica e teorica. Esso si caratterizza per il vincolo empirico, il rigore logico, la cura e la precisione con cui sono trattate le operazioni. Sono queste le proprietà che lo definiscono scientifico e che lo differenziano dalle altre esperienze umane. Se la scienza non è la metodologia, è anche la metodologia una sua condizione necessaria. La moderna metodologia non teorizza più il Metodo, unico ed esclusivo (cui ridurre tutta l’attività scientifica e mediante cui definirla), tuttavia, la parte qualificante della ricerca scientifica è costituita proprio dai metodi e compito del perito scientifico è quello di optare tra una metodologia del risultato ed una metodologia del metodo.Quando il perito agisce secondo la metodologia del risultato, vuol dire che prima di fa l'idea che l'imputato è colpevole (o innocente) e poi cerca una strada per dimostrarlo. Se invece opta per una metodologia del metodo, allora procederà per fasi e tentativi ed errori. Cercherà di dare al giudice non la risposta giusta, ma di evitare quella sbagliata. La metodologia, dunque, aiuta il ricercatore a risolvere i suoi problemi ed a seconda di come lo aiuta abbiamo i diversi ambiti metodologici. Compito del metodologo è costruire le tecniche, compito del ricercatore è di applicarle, tenendo conto della situazione in cui opera e del linguaggio che intende modificare. La situazione in cui il ricercatore opera è sempre particolare, mentre le regole sono generali.
Le teorie criminologiche
Sono state proposte molte teorie per spiegare i fenomeni criminali. Esse si possono dividere in:
- teorie biologiche
- teorie psicologiche
- teorie sociologiche
La tendenza della criminologia contemporanea procede verso l'integrazione di più teorie particolari (biologiche, psicologiche o sociali) in teorie multifattoriali che cercano di interpretare il comportamento criminoso secondo più parametri esplicativi e a livelli diversi di lettura.
Teorie biologiche
Fra le prime teorie biologiche vanno ricordati gli studi di Cesare Lombroso sul delinquente nato e sul concetto di atavismo, oltre che le indagini sui fattori genetici, ormonali, psicopatologici e neurologici dell'agire criminoso.
Nei decenni passati ebbe un certo credito la teoria del cromosoma Y soprannumerario. Nel patrimonio genetico umano normale sono presente due cromosomi sessuali: XX nel caso delle femmine e XY nel caso dei maschi. Il cromosoma Y è quindi quello che determina l'acquisizione del sesso maschile. In un certo numero di casi di soggetti ricoverati in manicomi criminali, o incarcerati per gravi reati, si è osservata la presenza della trisomia XYY, cioè la presenza di un cromosoma Y aggiuntivo. Poiché la frequenza statistica dell'anomalia XYY appariva piuttosto elevata tra i soggetti internati e caratterizzati da comportamenti violenti, si è pensato che questa anomalia potesse essere una delle basi della condotta criminale. In realtà, dal punto di vista metodologico, c'era un grosso problema in questi studi: mancava il confronto con un gruppo di controllo di non internati. Può darsi infatti che la frequenza statistica della sindrome XYY sia la stessa nella popolazione generale, in cui non è stata misurata. In assenza del confronto con il gruppo di controllo, non è possibile trarre alcuna conclusione attendibile.
Teorie psicologiche
Fra le seconde si ricordano i modelli di derivazione psicoanalitica come ad esempio la teoria del delinquente per senso di colpa e la teoria della carenza del Super-Io a sua volta connessa al concetto di "poliziotto interno", la teoria della deprivazione affettiva di Bowlby e le teorie di derivazione comportamentista basate sul concetto di condizionamento. In particolare ha avuto notevole diffusione la teoria della frustrazione-aggressione di Dollard e Miller. Studi sperimentali hanno provato che la frustrazione (cioè l'impedire a un soggetto di raggiungere una meta od obiettivo importante per lui) tende a generare aggressività, la quale può scaricarsi sia direttamente sulla causa o fonte della frustrazione, sia indirettamente su altri soggetti per così dire più accessibili. Secondo questa teoria dunque alla base del comportamento criminale potrebbe esserci un accumulo di aggressività da frustrazione. Gli studi di Bowlby hanno invece provato che condizioni precoci di deprivazione affettiva e relazione possono avere effetti duraturi sulla personalità individuale, portando alla tendenza ad atteggiamenti rivendicativi e di compensazione, della quale alcune manifestazioni possono consistere proprio in condotte devianti.
Teorie sociologiche
Infine, fra le teorie sociologiche si ricordano quella degli ambienti o contesti criminogeni (teorie ecologiche della criminalità), la teoria delle associazioni differenziali di Edwin Sutherland, quella delle identificazioni differenziali, la teoria del conflitto culturale, le teorie fondate sul concetto di anomia (maggiore è la tendenza anomica in una società, maggiore è la frequenza di reati in quella stessa società). Spesso i comportamenti criminosi si manifestano nell'ambito di subculture criminali che trasmettono ai propri membri dei valori strutturati tanto quanto quelli propri della cultura generale non criminosa di cui le stesse sottoculture fanno parte. I sociologi hanno anche evidenziato l'importanza dei processi di stigmatizzazione nella formazione dell'identità criminale e nel suo consolidamento in un vero e proprio progetto di vita deviante. In altre parole, talvolta è la stessa reazione sociale squalificante ed emarginante nei confronti della devianza e della criminalità ad agire come fattore criminogeno. La teoria dell'etichettamento (labelling) punta il dito sulle conseguenze negative della stigmatizzazione ed è alla base dell'approccio nei confronti della criminalità minorile che si fonda sull'evitare il più possibile la carcerazione per i minori e la loro esclusione dal normale circuito delle relazioni sociali.
La criminologia clinica
Il ramo applicativo della criminologia viene denominato "criminologia clinica". Essa si propone, soprattutto attraverso l'analisi e l'intervento su singoli specifici casi, di formulare una diagnosi, una prognosi e una possibile terapia di trattamento relativamente agli autori di reati. La diagnosi punta a ricostruire i fattori e le condizioni che hanno portato alla genesi e all'esecuzione del reato (criminogenesi e criminodinamica), la prognosi cerca di valutare la maggiore o minore pericolosità sociale del delinquente, la terapia prevede interventi di rieducazione e di assistenza psicologica con l'obbiettivo di risocializzare il reo e consentirgli una piena reintegrazione sociale. Un tempo l'analogia con la medicina veniva interpretata in modo abbastanza letterale, come provano ad esempio gli studi di Lombroso che avevano appunto un carattere marcatamente antropologico-medicale. Oggi invece i termini diagnosi, prognosi e terapia vengono usati come metafore di un processo conoscitivo, interpretativo e trattamentale che non pretende più di avere una valenza medica.
Per quanto riguarda la dimensione prognostica, che ha l'obiettivo fondamentale di valutare la maggiore o minore pericolosità sociale di un soggetto, nonché di stimare le maggiori o minori probabilità di recupero sociale per quel soggetto, un modello previsionale che ha avuto notevole successo in passato è quello sviluppato dai coniugi Glueck. Questo modello ipotizza che tre gruppi di variabili consentano di prevedere la maggiore o minore probabilità di incorrere in una "carriera criminale":
- Variabili legate alla famiglia di origine (clima familiare, atteggiamenti dei genitori, valori o controvalori trasmessi, etc).
- Variabili legate alla struttura della personalità del soggetto (stabilità o instabilità emotiva, resistenza o meno alla frustrazione, maggiore o minore impulsività, eccetera).
- Variabili legate ai concreti comportamenti espletati dal soggetto (maggiore o minore precocità di manifestazione di episodi devianti, tendenza o meno alla recidiva, tendenza o meno a fare uso di sostanze voluttuarie o stupefacenti, etc).
--La criminologia clinica in Italia, profilo--- Dal 10 al 13 febbraio 1984 si è svolto a Siracusa il III Seminario Nazionale per Professori Italiani di Discipline Criminologiche, dal titolo “La formazione criminologica”. Gli studiosi erano: il Prof. Canepa, il Prof. Bandini, il Prof. De Fazio, il Prof. De Leo, il Prof. Fornari e altri nomi illustri della criminologia clinica in Italia. Da quella data ad oggi non c’è più stato il IV Seminario, ma addirittura a partire dall’anno accademico 2002/2003 anche le Scuole di Criminologia clinica, sono state chiuse. Si tratta della dispersione di un patrimonio storico, culturale e scientifico di grande valore. Queste scuole erano istituite presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia, delle università statali di Modena, Genova, Bari, Milano, Chieti e Roma, durata triennale, a cui si accedeva per concorso a numero chiuso (esame orale e scritto) e dopo la laurea normale (ossia, minimo 4 anni), dirette da questi fondatori della storia della criminologia in Italia. Per conseguire il titolo di specialista in criminologia clinica occorreva il superamento di 22 esami e la tesi finale. Le materie di studio comprendevano: Criminologia Generale I, Elementi di Biologia, Elementi di Diritto, Elementi di Psicologia, Elementi di Sociologia, Psicologia e Psicopatologia dell’Età Evolutiva; Criminologia Generale II, Elementi di Psicopatologia Generale, Elementi di Psichiatria Clinica e Forense, Tecniche del Servizio Sociale, Antropologia Culturale, Elementi di Medicina Legale, Criminologia Minorile, Psicoterapia, Psicologia Sociale, Tecniche Psico-Pedagogiche, Sociologia della Devianza, Metodi di Prevenzione, Trattamento Criminologico, Neuropsichiatria Forense, Politica Criminale e Diritto Penitenziario, Legislazione Sanitaria. Il corso era aperto ai laureati in Medicina, Giurisprudenza, Scienze Politiche, Pedagogia, Sociologia, Lettere, Filosofia, Psicologia . A partire dal 1999 è sorta criminologia.it, la prima rivista on-line di teoria e scienze criminali, coofondata dal prof. Francesco Sidoti (criminologo di formazione sociologica) e diretta dal prof. Saverio Fortunato (specialista in criminologia clinica); mentre, storica è la rivista cartacea "Rassegna Italiana di Criminologia", trimestrale, organo ufficiale della Società Italiana di Criminologia, edita da Giuffrè e diretta dal prof. Giacomo Canepa. Il modello della scuola italiana di criminologia clinica è stato (ed è) un ottimo modello teorico, anche se ha atteso invano la conformità alle prescrizioni e normativa C.E.E. concernente la scuola di specializzazione delle facoltà mediche che operano negli Stati membri della Comunità Europea. La concezione del criminologo clinico nasce sia da un fatto storico, poiché i primi criminologi erano medico-legali (Lombroso, per esempio) e sia dalla convinzione che per studiare e capire il crimine occorresse una base clinica, accanto alle teorie scientifiche d’ordine bio-antropo-psico-sociologiche.
Discipline collegate
La criminologia ha stretti legami di collaborazione e sinergia con le seguenti discipline: antropologia culturale, psicologia, sociologia generale e in particolare sociologia della devianza, diritto, penologia (lo studio delle pene), scienze penitenziarie, biologia, statistica, psichiatria, psicopatologia generale e dell'età evolutiva, criminalistica , scienze dell'investigazione, filosofia delle scienze, scienze criminali, scienze dello spirito, epistemologia, medicina legale.